L’abito di BIT
Abito il mio abito imbastito in foto e scritti
mi spendo senza corpo in Rete per tratteggiarmi idea.
Piantumo in link i miei chiodi fissi che galleggiano in un tempo senza luogo e data
E tutto è in App e nuvole senza fumetti.
A tratti astratta dimentico i codici d’accesso per incontrarti reale e non so più la password
per attaccar bottone e sorriderti. Provo lo smile mentre mi slaccio ogni formato tattile.
Passo on line e m’incasello in bit.
Uomo,
donna, altro.
Magro,
grasso, altro.
Alto,
basso, altro.
Povero,
ricco, altro.
Indigeno,
importato, altro.
Mi registro in cloud con volto nudo
e mi vesto di nuove misure, per dirti chi sono nello specchio della sfera di cristalli liquidi appianati in monitor.
Sbircio chi sei, chi ti dici di essere, chi ti credi di essere, chi vogliono che io creda che tu sia, chi penso di credere di vedere che i bit che abiti siano per te, cucendo un vestito di sguardi con lo scroll con cui illustri eventi e ti incoroni divo sul palco senza tende.
Re a rate in rete senza abiti e ruote.
Vestito in diretta, di trasparenze, passioni, amici, libri, sport.
Ogni casella ti ricuce in forma quasi 3D al mio tatto in tasti.
Ti seguo
passo passo 1011011110010001111100000111110101100100001111
senza
intasare la città di spostamenti, cercar parcheggio, comprarti una
bottiglia contro il solito ghiaccio che si forma nelle distanze e
offusca il dove sei, anche se ti ho di fronte.
On line è più… ma anche meno…
Ma è quello che è questo ora, che ho schegge di tempo senza costanti libertà di divagare, con una felpa buttata sulle spalle a celare le ali che vorrei, per capire l’altro senza le bucce dei rituali. Accendo la webcam e ti lascio entrare.
Una chitarra nell’angolo dice cose, mentre ti parlo senza nemmeno essermi vestito.
Non abito abiti, nel nuoto fuori pista della Rete, cercando input e neve fresca, cercando incontri a specchio, perché il vicino è uno scarico rito quando suona per l’aneddotico zucchero a pretesto. Tocca vestirsi, aprire, riassettarsi.
Esserci.
Entro dal monitor e allungo senza fiatone il passo in link, con la mise dell’anima in pensieri leggeri, giusto quel velo di stanchezza agli occhi e le ciabatte ai piedi.
Un click e un altro e un altro, e slaccio tutti i bottoni del guardaroba inamidato di convenevoli, e mi rifaccio un guarda roba in bit, nuovo ad ogni like, tessendomi a misura di scroll in scroll, forme e pensieri, corazze e nudità.
Raccolgo input sparsi lungo il filo dipanato da altri e resetto chi non mi garba, pestando pareri avversi a piedi nudi senza dover chiedere scusa o temere di sgualcirmi la giacca in un cazzotto d’impulsi.
Navigo a vista o cerco, con la pedanteria di uno studioso in caccia, quel tassello che non è mai l’ultimo, come le dune e i monti.
Ancora un click, quasi una droga.
Il surf del selfie, dichiarazione di esistenza in vita, un riquadro d’effige luminosa, uno smile per presenziare il bordo di un monitor a pozzo dissetante.
Non credo di poter mancare un centro che non c’è.
Messo a nudo, fluido, mi tuffo.
Così vasto mi basto, e corro dietro all’ultima news ancora da accertare.
Nella mia sola pelle di pensieri, navigo e mi tratteggio a piacere, mentre smonto d’abito mentale dal sito dell’azienda e indosso i panni da chat distratte o dialogo marcando a vista il cugino d’Argentina, senza inquadrarmi oltre la spalla da cui sfugge villana la coperta di Linus, messa alle corde dalla mia stessa vita.
La vastità di input sommerge il tempo e mi riveste in pixel senza misure da sarto.
Sono nuda sinapsi transgender affacciata ad un cortile senza muri, mentre ne crescono sempre più solidi in 3D reale, a cieca corazza che cancella l’empatia e l’affetto di un vestito stropicciato in due.
Raffaella
Formenti per TAM TAM - 2014
VIDEO - voce recitante LAURA FORMENTI ABITO di BIT per TAM TAM - voce Laura Formenti - YouTube