idea appena lambita in occasione di una mostra in Germania.
(Galleria Rottloff, Karlsruhe - 1999)
" una telefonata in codice di ascolto" .
I cellulari imperversano e ci ritroviamo nostro malgrado a catturare frasi, chiacchiere, parole, confidenze, imprecazioni....senza poter ascoltare entrambe gli interlocutori. Strappiamo parole sospese, e con la fantasia ricostruiamo le frasi di risposta.
Dalle parole prima e dopo il silenzio d'ascolto cerchiamo d'intuire a modo nostro l'intrecciarsi dell'evento.
> dove vado a parare? Mi arrampico sui muri! Infatti in quella mostra ho disseminato concrezioni ( i miei oggetti inglobanti in cui finisce incollato un po' di ogni con risoluzione formale di volta in volta diversa) dando ad ognuno come titolo la frase di una conversazione telefonica e sottolineando nell'allegato che distribuivo che "L'UNICO TITOLO DI OGNI OPERA E' QUELLO SCRITTO TRA LE RIGHE DEL PROPRIO ASCOLTO" in quanto ritengo che queste mie concrezioni siano da ascoltare con lo stesso orecchio indiscreto con cui ci si sbizzarrisce a completare le telefonate altrui casualmente "rubate".
> lavori in carta ed “ossa” esposti, ma con l’attenzione spostata al problema del titolo, casella informativa ? delimitante ? sviante ? didattica ? amena? filosofica? citante?enumerante?…..E le mille tracce attorno a cui si sono mossi gli artisti nel denominare i loro “pargoli”( qualcuno ha mai analizzato correnti e mode nell’apporre i titoli?
La mia prima mostra era di “pastelli”: serie “farina di grano tenero 00”.
Ad ogni pastello corrispondeva uno stralcio tratto da una scatola di biscotti che enumerava gli ingredienti, le dosi, e la conservazione. (indirettamente c’entravano già le scatole…).
Ero contraria a dare motivazioni, enumerazioni, o riferimenti di qualsiasi genere titolando i frammenti di colore, e così seguendo il detto”siamo ciò che mangiamo” avevo scelto di enumerare gli ingredienti dei miei alimenti. Chiusa parentesi.
Ora potrei dire di ispirarmi, tra virgolette, a qualcosa del tipo “siamo i bla-bla che non ascoltiamo” perché il nostro pensiero individuale trova respiro e concrezione nelle pause d’ascolto, ma soprattutto nelle pause dall’ascolto, quando allontanandoci dalle “interferenze” altrui concrezioniamo il nostro sentire.
Le mie concrezioni le offro all’ascolto, ma lascio che altri immaginino le frasi non dette della mia “telefonata” cartacea.
Questa è la telefonata che scorreva sulle pareti della Galleria Rottloff……..
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"per una volta che mi dimentico...!"
“The one time I forget...”<……………………………………………………………………………………………………………….. >
"sono arrivato solo ieri...
“I just arrived yesterday.”
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"sì, non avevo più carica per chiamarti"
“Yes, I didn't have any more change to call you.”
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"il tuo Caipost è arrivato,ma.....
“Yes, your Caipost arrived, but…”<……………………………………………………………………………………………………………….. ……………………………… >
"no, tra la posta non c'era"……
“No, it wasn't in the mail there.
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"E il mio messaggio?" ………
“And my message?”
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"Ho trovato ancora la segreteria telefonica..."
“I got the answering machine again.”
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"Lascia perdere, non è il momento....
“Forget it, it's neither the time nor the place”<……………………………………………………………………………………………………………….. ………………………………>
"Non c'è mai tempo per questo..."
“ There's never time for this…”
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"Sì, vedo di portarti le bozze del progetto" ……
“Yes, I'll see about bringing you the drafts of the project”
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"Ok, ne parleremo, ma non ora".......
“Okay, we'll talk about it, but not now.”
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(avevo preparato anche degli stampati per raccogliere le telefonate d’invenzione dei presenti. Poi per problemi di lingua…il gioco si è arenato! Per questo è un qualcosa in sospeso che potrò riprendere, continuare, ampliarsi, o resterà un gioco mancato)
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